I NUMERI DELL’ECONOMIA ITALIANA

2017 2016
PIL (Prodotto Interno Lordo) 1.717 miliardi 1.681 miliardi
Debito Pubblico 2.270 miliardi 2.218 miliardi
Entrate dello Stato (fiscalità, contributi, extratributarie) 800 miliardi*

*Pari al 47% del PIL –> 13.300 per cittadino / 30.500 per famiglia

USCITE DELLO STATO

840 miliardi

49% del PIL, €14.000/cittadino

INPS (prestazioni sociali in denaro) 337 miliardi 41% della totale spesa pubblica, 20% del PIL
Altre prestazioni sociali 15 miliardi
Sanità 112 miliardi Sprechi stima GIMBE: 25 mld; stima OCSE 20% (+ Sanità Privata: 37 mld)*

* Costo medio per abitante € 1.866 / anno – inclusa sanità privata: € 2.450 / anno

INPS + SOCIALITÁ + SANITÁ 464 mld 56% del totale spesa pubblica,             27% del PIL.

(Media OCSE 15-17%: + 70%!)

Spese generali 72 mld
Altre uscite in C/Capitale 66 mld
Interessi debito pubblico 66 mld
Scuola 65 mld
Ordine pubblico e sicurezza 30 mld
Difesa 20 mld
Ambiente 16 mld
Altre non classificabili 41 mld
TOTALE USCITE 840 mld*

*di cui: DIPENDENTI PUBBLICI e costi relativi: circa 170 miliardi (10% del PIL) – in Germania ha un’incidenza del 7%, ma anche perché il loro PIL pro-capite è molto più elevato. Miglioramento che dovremmo fare in Italia, unitamente all’adozione dei costi standard e quindi del rapporto abitanti/dipendenti pubblici che fra comuni ed amministrazioni varia fino addirittura al 100% )

Tutti i dati sono stati ricavati (riclassificandoli e arrotondandoli per una veloce comprensione) dalle seguenti fonti:

 

CONSIDERAZIONI e DETTAGLI

1)    Il PIL – Prodotto Interno Lordo è il fatturato complessivo, il valore di mercato aggregato di tutte le merci finite e di tutti i servizi prodotti dalle imprese (partite IVA) può essere anche definito come il valore della ricchezza o del benessere di un Paese e dei propri cittadini.

Il fatturato dei prodotti e servizi (creati dalle partite IVA e loro lavoratori) generano attraverso le tassazioni le ENTRATE dello STATO;

–         Rimanendo in ambito OCSE la percentuale di Tassazione sul PIL varia dal 30% al 50% max; l’Italia si colloca nella fascia più elevata intorno al 47%. Per far scendere la Tassazione che blocca lo sviluppo delle imprese, o diminuiamo la Spesa, che sarebbe come vedremo una operazione doverosa viste le comparazioni con gli altri Paesi; oppure dobbiamo incrementare sia il numero che il fatturato delle imprese, che creano occupazione, che generano il PIL fermo da 10 anni (ancora -6%) e che è ritornato ai valori del 2004.

 

2)     DEBITO PUBBLICO: è il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti economici nazionali o esteri quali individui, imprese, banche o Stati esteri, che hanno sottoscritto un credito allo Stato nell’acquisizione di obbligazioni o titoli di stato (titoli di debito dello stato). Come tutti i debiti vengono classificati, e quindi pagano interessi (spread) in relazione alla loro solvibilità.

–         L’indice della solvibilità è misurato nel rapporto DEBITI/PIL nel ns. caso 2270/1700 che corrisponde a 133% ; da notare che oltre 100 l’indice di solvibilità è messo in discussione, infatti l’Italia paga attualmente 66 miliardi di interessi passivi all’anno che corrispondono ad un tasso medio del 2,91% annuo, ben superiore alla Germania. Si stima che a fine 2017 il Debito Pubblico sia per il 35% cioè 800 mld. Collocato ad investitori esteri (soprattutto la BCE che ha acquistato, grazie al QE – Quantity Easing di Draghi, circa 100 mld anno) mentre i rimanenti 1.470 sono in pancia alle Banche e Famiglie/Imprese italiane.

–         Il Rapporto DEB/PIL è salito dal 50% al 100% durante i Governi Craxi, Andreotti, De Mita….; era a 1.897 mld nel 2011 (115%); salito con Monti a 1.990 (124%); salito a 2.070 mld con Letta (129%); salito a 2.251 mld con Renzi  (132%); ed arrivato a 2.270 con Gentiloni (133%).

 

3) ENTRATE:  800 mld sono tasse, pari al 47% del PIL, sono per oltre 2/3  riconducibili alla produzione di beni e servizi dei lavoratori e loro imprenditori; quindi delle partite IVA (NB: Le Imprese e loro lavoratori, che dobbiamo far crescere, sono e saranno sempre determinanti per le entrate dello stato e quindi per il benessere e la socialità dei cittadini);

  • Le Entrate da CONTRIBUTI sono 222 mld.,  che vengono prelevati dalle tasche dei lavoratori, sono del 48% : ben il 33% in più della media dei 35 paesi Ocse che sono al 36%; una riduzione dei contributi prelevati dalle tasche dei lavoratori del 10% corrisponderebbe a 22 mld che sono solo il 30% della manodopera in nero che probabilmente recupereremo; si potrebbe però tentare una operazione più coraggiosa, diminuire del 30% il peso dei contributi lavorativi, che corrisponderebbero a 66 mld. ma che permetterebbero un rilancio dell’occupazione; 6 in italia +2 milioni all’estero (dati ISTAT)di lavoratori che attendono e che se occupassimo solo al 50%, cioè 4 milioni, avremmo 300-350 mld di maggiore PIL e 120-160 mld. di maggiori entrate, oltre al recupero della manodopera in nero che l’Istat stima in 76 mld.  
  • IRES 35 mld. In Italia i balzelli sulle attività produttive sono di circa il 20 per cento più alti che nei migliori Paesi dell’Ocse e del 10 per cento più alti della media europea; e se aggiungiamo
  • IRAP 21 mld. (che ricordiamo è una tassa sulla occupazione e sugli interessi)
  • ed il 30% dell’IMU che pesa all’incirca sulle aziende 6 mld su 20 totali, IMU che andrebbe calibrata (porre un cap) per gli immobili strumentali come percentuale del fatturato: Sommando il 50% di riduzione dell’IRES = 17 mld + l’IRAP 21 che va cancellata + 6 di IMU calmierata e 22 di riduzione contributi sul lavoro avremmo un totale di 66 mld circa, come minore pressione fiscale sulle aziende rilanciando così lo sviluppo, il PIL e l’occupazione e, cambiando le leggi sull’evasione ed elusione, recupereremo sicuramente lo stesso importo dall’evasione che l’Istat calcola in 94 miliardi/anno sui 180-200 mld di economia in nero stimata da vari Enti quasi concordemente.

–          l’ISTAT classifica le entrate in questo modo: Prod.uso proprio 38 + Imp. Dirette:  250 + Imp. Indirette 250 + Contributi soc.li 222 + Altre entrate corr.  35 + Entrate in c/capit. 5 = tot entrate 800 mld.

 

4) USCITE: 840 mld pari al 49% del PIL  (disavanzo fra entrate ed uscite coperto da emissione di ulteriori 40 mld di titoli di stato  + interessi) (corrispondono a 14.000 euro per cittadino)

  • INPS (prestazioni sociali in denaro)  337 mld. (41% della totale spesa pubblica; 20% del PIL) (pensioni sett.priv. 187 mld = media di pensione mensile  1.000 uomini/650 donne) (spesa sett.pubbl. 68 mld= media di pensione mensile 2250 uomini/1500 donne) (17 mld per invalidi= 64 per mille al sud, 37 per mille al nord) (NB:  in AMA inval. 1800/7850 su tot.= 22% ….brutto esempio nazionale?)
  • PRESTAZIONI SOCIALI: (altre) 15   (337+15= 352 pari al 42% del totale spesa pubblica) (21% del PIL in Italia, media EU 11%, il 90% in più! Quasi il doppio della media EU)
  • SANITÀ: 112 mld.  (sprechi stima GIMBE 25 mld; stima OCSE 20% = 22 mld) (+ Sanità Priv. 37 mld) Costo medio per abitante sanità pubblica 1.866 euro/anno (se includiamo sanità privata sono 149 mld: 60 mil = 2.450 per abitante)
  • INPS+Socialità e SANITÀ: 464 mld. il 56% del totale spesa pubblica, il 27% del PIL (Media OCSE 15-17% : il 70% in più!!  Pensioni e Socialità sono la prima spesa fuori controllo del Nostro Paese; è attualmente del 90% in più rispetto alla media sia EU e dei 35 Paesi OCSE; Suggeriamo l’adozione graduale di Pensioni Integrative (1°, 2°, 3° pilastro come fanno in Svizzera) ma contestualmente e gradatamente adottando metodologie simili all’Australia che esclude dalla Socialità chi ha un patrimonio o reddito elevato (anche attraverso un sistema di Super-Ticket); naturalmente queste politiche dovranno essere adottate gradualmente e soprattutto dopo che il PIL, la produzione delle aziende, sia stata incrementata al punto tale da permettere un allargamento della spesa.

–         L’ISTAT classifica le USCITE i questo modo:  Stipendi 164 + Consumi interm.  95 + Prest.ni sociali  388 + Altre usc. Correnti 62 + Int. Passivi 65 + Uscite in c/cap.le  66  =  Totale uscite 840  mld.

 

ULTERIORI DETTAGLI 

1)     PIL: PERCHÉ  É CALATO anziché crescere del 2% di tasso minimo inflattivo?  Negli ultimi due lustri abbiamo visto fallire il 30 per cento delle aziende. Il reddito reale spendibile oggi è del 20% inferiore a 10 anni fa. L’economia, nonostante la flebile risalita negli ultimi 12-18 mesi, non decolla; una crescita inferiore al 2% è in sostanza una de-crescita dobbiamo puntare ad una crescita costante superiore al 3 per cento al fine che i cittadini sentano gli effetti e si rianimino.

–         L’imposizione fiscale sulle imprese supera il 50%, spesso arriva al 67, e in parte viene applicata, attraverso l’IRAP, persino quando le ditte sono in perdita In termini economici, negli USA, nell’area Asiatica ma oramai anche in Europa ed in molti paesi ai nostri confini la tassazione delle imprese, delle partite IVA che producono il PIL della nazione quindi provvedono a due terzi delle entrate, è fra il 15% ed un massimo del 25%; La media dei 35 Paesi dell’OCSE è del 23%.

–         100.000 giovani neolaureati o comunque formati per una professione che ogni anno lasciano l’Italia, dobbiamo fermare questo esodo! Sono all’incirca 30 miliardi di euro che vanno in fumo. (Usando i parametri del governo degli Stati Uniti, il quale ha stimato che la preparazione di un giovane di 23 anni viene a costare alla collettività 700.000 dollari, anche dimezzandola sono circa trecentomila euro). 2 milioni sono i giovani, sotto i 40 anni di età, che lavorano all’estero non avendo trovato occupazione in Italia; questi 2 milioni, uniti ai 6 milioni di italiani in cerca di occupazione, dati ISTAT, fanno 8 milioni di potenziali lavoratori a cui DOBBIAMO pensare; o perlomeno alla metà di questi che sono 4 milioni e produrrebbero dai 300 ai 350 miliardi di maggiore PIL e quindi almeno 160 mld. anno di maggiori entrate (ed avremmo risolto i problemi con la moneta, con l’Europa, con i cittadini)

–         Questi obiettivi possono e devono assolutamente essere perseguiti e raggiunti; non vedo perché l’Italia non possa fare come la Germania che ha una crescita del PIL al 3%, la disoccupazione al 3,6% ai minimi da 40 anni, ed un surplus commerciale record che sfiora i 300 miliardi di €

–         Facciamo un altro calcolo, ancora più semplice: un disoccupato costa allo Stato la bellezza di 10.000 euro l’anno, Invece un occupato produce come minimo 30.000 euro l’anno di risorse (Iva, contributi, tasse). Basta sommare i 10.000 euro di costo risparmiato ai 30.000 euro di risorse generate. Totale 40.000. Moltiplichiamo per 4 milioni di nuovi occupati, portando la disoccupazione dal 12 al 6%, ed avremmo 160 miliardi di incremento netto sulle finanze pubbliche.

–         È questa la tragedia dell’Italia, un Pil che da 18 anni è inchiodato a 1.600 / 1.700 miliardi. La media di aumento dal 2000 al 2017 è stata dello 0,15 per cento l’anno. Cioè il prodotto interno lordo è fermo. Mentre nel resto del mondo cresce del 2-3 per cento quindi noi arretriamo. La crescita media annua del Pil dal 1974 al 1993 è stata del 2,4 per cento e nei 20 anni successivi mediamente dello 0,5 per cento, negli ultimi 15 anni dello 0,15 per cento, praticamente zero, comunque ben al di sotto della media europea. Credo che sia un imperativo invertire questo ciclo.

–         La produzione industriale, fatto 100 il valore del 2000, è a 85 mentre la media europea è a 110, il che corrisponde a un 25% in meno nel giro di 17 anni. Il Pil è ritornato ai valori del 2004, abbiamo perso cioè 15 anni di crescita. Il rapporto debito/Pil è passato dal 100 per cento del 2007 a oltre il 133 per cento del 2017, ben 30 per cento in più e del 40% superiore alla media Ue. Servono misure energiche di rinascita economica per l’Italia di domani!

–         Oltre il 50% delle maggiori imprese, le 3.500 che fatturano oltre 500 milioni l’anno, è stato venduto o svenduto, così come molte altre partecipate pubbliche. nautica da diporto e grandi yacht – l’Italia era prima al mondo e in pochi anni ha visto andare in fumo, grazie alla tassa di Mario Monti su yacht e imbarcazioni di lusso, il 90 per cento del proprio fatturato

–         La stretta monetaria e fiscale, unita ad Ici-Imu, Tasi e affini – ha fatto fallire il 50% delle imprese edili. Il valore degli immobili è sceso dal 30 al 70 per cento, gli investitori sono spariti e gli Italiani, compreso gli Enti statali, hanno visto il loro patrimonio, i valori dei loro immobili, dimezzato a causa di una pressione fiscale sugli immobili. Ci siamo dimenticati che il comparto delle costruzioni rappresenta la quinta parte dell’economia di questo Paese?

–         Il reddito medio annuo pro capite da lavoro dipendente era, riportato ai prezzi del 2014, di 19.457 euro nel 1989 e di 20.690 nel 2015, quindi è rimasto fermo o quasi. I lavoratori autonomi nel 2007 sono ritornati ai livelli di 40 anni fa e solo recentemente si sono attestati sui 19.000 euro di reddito annuo, mentre governo, Agenzia delle entrate e mass media continuano a tacciarli, spessissimo ingiustamente, di evasione fiscale.

–         Nello stesso arco di tempo i redditi dei pensionati sono più che raddoppiati, passando dai 7.000 euro annui del 1989 ai 17.580 euro del 2016. Le famiglie che vivono con un reddito per oltre due terzi da pensione sono passate dall’11 per cento del 1990 al 20 per cento del 2013; le famiglie che vivono per almeno due terzi da reddito di lavoro, nello stesso periodo, sono scese dal 74 per cento al 50 per cento. Da un’Italia produttiva stiamo finendo verso un’Italia di sussidiati e pensionati: La spesa per pensioni e socialità è arrivata a degli indici insostenibili ed è del 90% superiore alla media UE ed OCSE;

 

2)     IL DEBITO PUBBLICO il costo dell’inefficienza organizzativa dello Stato, nell’Economia ed imprese partecipate, oscilla dai 150 ai 200 miliardi, secondo molti enti, a cominciare da Unioncamere e comunque spreca, secondo la CGIA 29 miliardi ogni anno; solo se adottassimo i costi standard sia sulla Sanità che in tutti i Comuni, Enti e Regioni avremmo un risparmio che si stima fra i 30 e 50 mld/anno; aggiungiamo il costo della corruzione (50-70 mld) e comprendiamo perché l’Italia ha un debito così grande ed una spesa pubblica molto superiore ai paesi OCSE.

3)     LE ENTRATE che lo stato preleva dalla tasche dei cittadini, sono 800 miliardi all’anno; pari al 47% del PIL (13.300 per cittadino, 30.500 per famiglia) Gli stati OCSE più efficienti hanno una pressione fiscale che si colloca la 30 max 35% (noi siamo di ben il 30-35% superiori e questo impedisce al Paese di crescere)

4)     LE USCITE sono attualmente di 40 mld anno superiori alle entrate, Lo Stato spende 840 miliardi l’anno pur avendo entrate solo per 800, sicché ogni 12 mesi incrementa il debito pubblico di 40 miliardi. Orbene, 525 di questi 800 miliardi di entrate, e cioè circa due terzi dipendono dalle imprese, imprenditori e lavoratori insieme. Dettagliato in miliardi: 155 sono Iva, Irap, Imu e altre tasse sui prodotti e sulle imprese; 195 sono contributi versati dalle imprese per i lavoratori; 140 sono le tasse sul reddito pagate dai dipendenti; 35 sono le tasse sul reddito delle imprese. In tutto fanno 525 miliardi su 800 di entrate, cioè il 66 per cento (due terzi) dell’introito totale.

–         INPS+Socialità & SANITÀ:  464 mld. il 56% del totale spesa pubblica, il 27% del PIL (Media OCSE 15-17% : il 70% in più!!!)

–         fra pensioni e socialità spendiamo 352 miliardi ogni anno (l’ISTAT calcola le Prestazioni Sociali totali a 388 mld.). 352 mld sono il 42 per cento del totale spesa pubblica, il 21 per cento del Pil,  quando la media europea e del 11 per cento? Ben il 90 percento in più; ma se aggiungiamo la Sanità, che è un’altra socialità, la spesa annua sale a 464 miliardi, il 56 per cento della spesa pubblica, il 27 per cento del Pil, del 70 percento superiore sia alla media EU che ai paesi dell’Ocse. Pensioni e Socialità sono la prima spesa fuori controllo del Nostro Paese; è attualmente del 70% in più rispetto alla media sia EU che dei 35 Paesi OCSE

–         DIPENDENTI PUBBLICI e costi relat.  ca  170 mld (10% del PIL, la Germania ha il 7%, ma anche perché il loro PIL pro-capite è molto più elevato; miglioramento che dovremmo fare in Italia unitamente all’adozione dei costi standard)

–         Le aziende pubbliche hanno mediamente un impiego di personale che è dal 15 al 100 per cento superiore al necessario; se adottassimo i costi standard potremmo risparmiare, gradatamente in 5-8 anni, senza licenziare ma solo grazie al turnover, dai 25 ai 40 miliardi di spesa pubblica. Ad esempio  i 2,8 milioni di pensionati pubblici costano all’INPS 68 miliardi/anno e ricevono una pensione in media: maschi di 2.250 euro/mese e femmine di 1.500 (più del doppio del privato). Nel privato le pensione media è di € 1.000 per i maschi e € 650 per le donne. l’Italia si potrà salvare non incrementando il pubblico ma bensi il Pil che è prodotto dalle imprese e lavoratori privati.

 

ULTERIORI CONSIDERAZIONI

–         Il reddito medio pro capite nel nostro paese è intorno ai 26.000 euro l’anno; la media nei 19 Paesi che hanno adottato l’euro è ormai a 30.000. Siamo arretrati già del 12 per cento, ma addirittura del 20-30 per cento rispetto alla Germania e Francia. Gli Stati Uniti hanno un reddito pro capite che è quasi il doppio del nostro, 57.500 dollari, cioè all’incirca 47.000 euro. Siamo insomma diventati molto più poveri. 5 milioni di italiani vivono in povertà assoluta ed altri 8,5 milioni in povertà relativa, fanno 13,5 milioni, il 23 per cento della popolazione che non ha nemmeno il reddito per curarsi e vivere

–         La ricchezza delle famiglie, secondo le stime 2016 della Banca d’Italia, è di 8.864 miliardi, pari a 146.000 euro per abitante. Di questi, 4.864 sono rappresentati da immobili, ma vorrei capire con quali valori al metro quadrato, visto che in molti casi negli ultimi 10 anni si sono quasi dimezzati. La stessa Banca d’Italia nel 2015 li stimava in 5.848 miliardi, ora 4.864: una svalutazione del 20 per cento in un solo anno. Gli altri 4.000 miliardi sono titoli, fondi o depositi in parte difficilmente monetizzabili, basti pensare ai 12 miliardi bruciati dalla Banca popolare di Vicenza e da Veneto banca che aspettano giustizia dallo stato. Le persone a basso reddito, meglio chiamarli poveri, nell’ultimo ventennio sono passate dal 16 per cento al 21 per cento. Quelle a reddito medio sono scese dall’82 per cento al 76. Un terzo dei capifamiglia di età inferiore ai 30 anni, cioè il 33 per cento, è in condizione di basso reddito, fa la fame, e questo spiega anche per quale motivo il tasso di natalità si mantenga il più basso nell’Unione europea e l’ultimo al mondo, se si eccettua il Giappone, che ci batte per uno 0,76 per cento in meno.

–         L’Italia ha perso il 20 per cento di capacità di reddito e il 6 per cento di capacità produttiva ed il 25% di produzione industriale.

–         Un lavoratore uomo su tre e una lavoratrice donna su due hanno uno stipendio netto inferiore ai 1.000 euro al mese. I due terzi di tutti i lavoratori percepiscono uno stipendio mensile inferiore ai 1.300 euro.

–         A fronte di un costo per l’azienda simile al resto d’Europa, il lordo è decurtato da contributi previdenziali e tasse che superano il 100 per cento e che lasciano in tasca al lavoratore un netto più basso dal 20 al 40 per cento, se lo compariamo a quello dei più efficienti Stati europei. Il tasso di disoccupazione nel 2017 è arrivato all’11 per cento, 31,5 per cento nella fascia 15-34 anni. Il tasso di occupazione in Italia, secondo i dati Eurostat, nella popolazione 20-64 anni è del 60 per cento in Italia contro il 70 per cento dell’Europa: significano 5-6 milioni di lavoratori in meno.

–         la spesa pubblica per famiglia si potrebbe ridurre dagli attuali 33.000 euro a 25.000. Stiamo parlando di 180 miliardi graduati in un quinquennio, circa 8.000 euro l’anno in più per lavoratore

–         Annaspiamo nei 200 o 300 miliardi di Npl, non performing loan, o prestiti incagliati e inesigibili che dir si voglia, ma nessuno sa esattamente quanti sono; molti economisti stimano che lo stato dovrà prelevare a breve ulteriori 30 o 40 miliardi dalle tasche degli italiani per salvare altre banche in crisi che dovranno adeguarsi alle nuove regole europee in arrivo. Oltretutto le banche italiane, che sono classificate secondo un rapporto del WEF – Word Economic Forum al 126° posto su 137 paesi classificati, devono fare tagli drastici alle filiali ed al personale, poiché hanno ogni 100.000 abitanti 49 filiali, contro una media EU di 27 ed ad una media in Germania di 14. Dentro le banche ci sono oltre 4.000 miliardi in euro dei risparmiatori italiani, quasi due volte e mezzo il prodotto interno lordo del nostro Paese e quasi il doppio del debito pubblico.

–         Se le banche sono autorizzate a prestare, e quindi a rischiare, otto volte di più di quanto raccolto presso i risparmiatori, con un’insolvenza del 12,5 per cento, come avviene oggi in Europa, esse avranno bruciato tutti i nostri risparmi. E se addirittura, com’è accaduto negli ultimi anni in Italia, a fallire sono il 30 per cento dei prestiti, capiamo allora, senza tanti altri sofismi, perché le banche falliscono e forse la necessità urgente di separare le Banche di Risparmio dalle Banche commerciali e speculative

–         Anche perché il 2019 arriverà velocemente e non avremmo più Draghi a governare la BCE che grazie al QE-Quantitive Easing ha acquistato 100 miliardi all’anno di titoli pubblici del debito italiano permettendoci così di calmierare i tassi. Il Debito pubblico italiano è al 35 percento in mani estere ed al 65 per cento in pancia alle nostre banche

–         La nostra giustizia è talmente lenta che la Banca mondiale ha classificato l’Italia al 156° posto. Diciotto mesi per ogni grado di giudizio, e le eccezioni a questo limite siano veramente poche e ferree. Non è più tollerabile che ogni anno dai 130.000 ai 150.000 processi penali vadano in prescrizione per i ritardi dei magistrati. Né che la durata media delle cause civili sia di 828 giorni in appello e di 376 giorni in primo grado. Né che la durata del contenzioso commerciale sia di 868 giorni in tribunale e addirittura 1.351, quasi quattro anni, in appello. Né che le esecuzioni immobiliari richiedano 1.238 giorni e quelle mobiliari 206. Né che le cause di lavoro impieghino mediamente 522 giorni in tribunale e 699 in appello. L’Italia ha 70.000 leggi mentre gli Usa ne hanno 7.000.

–         L’immigrazione è stata e rimane in gran parte incontrollata, sicuramente non gestita in modo intelligente: solo 2 dei 5 milioni di extracomunitari lavorano.

–         i costi dall’accoglienza, che da sola assorbe, attraverso una miriade di cooperative, dai 3 ai 5 miliardi l’anno, alla sanità, all’istruzione, all’assistenza sociale

–         il 38 per cento dei carcerati è straniero ed andrebbero riaccompagnati a scontare la pena nei loro paesi e non gravare sulle spalle degli italiani nelle Prigioni/Pensioni.

–         La corruzione pubblica italiana ammonta a 50 miliardi l’anno, una stima che vede concordi la Banca d’Italia, la Corte dei conti e la Banca mondiale. A 100 miliardi ammonta invece l’evasione fiscale, con punte dell’85 per cento in Calabria

–         L’evasione che potremmo far emergere è stimata in 170 miliardi/anno dalla CGIA; l’ISTAT stima che il Pil sommerso sia addirittura di 208 miliardi all’anno dei quali 77 sono il lavoro illegale (nero).