Il lavoro è un valore costituzionale, e le Attività Produttive Italiane – APRI – quali imprese, lavoratori, giovani e talenti, lavorano per la crescita economica e sono la base della nostra costituzione, del progresso e del benessere di tutti i cittadini.

La situazione delle imprese

Lo Stato riceve tributi dalle imprese per una cifra che oscilla tra i 34 e i 48 miliardi/anno tassandoli da un minimo del 30% fino, in alcuni casi, all’80% per chi ha meno capitali e più dipendenti, un’esagerazione!

Per contro, lo Stato eroga contributi a sostegno alle imprese per decine di  mld/anno (incentivi che vanno a finire al 70% circa ad imprese statali).

Gli imprenditori sono disposti a rinunciare alle decine di mld/anno di incentivi a condizione che le imposte vengano dimezzate. Lo Stato risparmierebbe, le imprese e l’economia crescerebbero e con queste l’occupazione, il lavoro e il reddito per tutti gli italiani.

Le nostre proposte

Il triste fenomeno, in costante aumento, dei suicidi di imprenditori dimostra in modo evidente la convinzione di trovarsi impossibilitati a superare le difficoltà della crisi, generate dalla perdita totale della fiducia in una imminente ripresa.

Di fronte a questo dramma, i nostri politici restano immobili, protetti da privilegi che si sono auto-assegnati, con stipendi, pensioni e altri benefit. Lo Stato, tramite Equitalia, si è reso persecutore di imprenditori e lavoratori, non distinguendo l’evasore dal moroso. A volte Equitalia commette errori o forzature nell’ interpretazione a proprio favore nelle cartelle esattoriali. In tutto ciò, a pagare è il cittadino comune che non ha i mezzi per difendersi. Lo Stato, prima ancora di intervenire con strumenti coattivi per la riscossione dei tributi nei confronti delle categorie deboli, deve agire con fermezza verso gli arricchimenti illeciti e i beni dei corrotti e dei mafiosi. Se lo Stato dimostrerà di essere forte con i forti e magnanimo verso i deboli lavoratori, soprattutto verso quei cittadini che intraprendono con merito, il cittadino riprenderà fiducia e collaborerà.

La situazione del lavoratore

(Fonte dati OCSE) Il costo delle tasse e dei contributi sul lavoro in Italia, calcolato sul netto del lavoratore, va dal 30% al 50% in più rispetto a USA, Regno Unito, Spagna. Supera altri paesi che puntano a una rapida crescita di circa il 40-60%. Chiediamo una forte riduzione dei contributi, per arrivare ottimisticamente, negli anni, a:

– un dimezzamento delle tasse su chi opera e lavora, con esenzione nei primi tre-cinque anni di occupazione per i giovani, disoccupati, cassaintegrati ed in mobilità; in caso di riduzioni di personale il primo dismesso sarà l’ultimo assunto.

– una riduzione della disoccupazione, con la conseguente crescita dell’intera economia, della produzione di prodotti, del PIL con un incremento di tasse (IVA) per lo Stato ed un miglioramento degli indici debito/PIL e spesa/PIL che rientrerà così negli standard europei.

Lo Stato risparmierebbe una gran parte dei circa 60 miliardi/anno oggi spesi in disoccupazione, cassa integrazione, socialità e mobilità.

Riattivare subito i valori del lavoro, dell’intraprendere e del merito.

È fondamentale ridare dignità al lavoro, all’impiego produttivo, all’intraprendere . Riconoscerli come valori principali di uno Stato democratico, dare importanza al merito, cioè alla partecipazione di ogni cittadino alla spesa sociale attraverso le tasse e i tributi.

I cittadini devono essere consapevoli che le risorse per le loro pensioni, per la scuola, la sanità, i servizi dello Stato e degli enti provengono solo dal lavoro prodotto da imprese e lavoratori. Al diminuire del lavoro e dell’efficienza imprenditoriale corrisponde un altrettanto diminuire del welfare. Lo Stato siamo noi cittadini, quindi siamo tutti direttamente coinvolti affinché lavoro e attività produttive vengano sostenuti e favoriti, come prescrive l’art.1 della nostra Costituzione e non sviliti e tartassati come ora. Senza lavoro un paese si arresta, fallisce. Non con una pressante tassazione ma solo con una politica che sostiene il lavoro e l’intraprendere uno Stato può garantire crescita, sviluppo e pace sociale nel lungo periodo. Basta una lettura sui dati sotto elencati per capire che dobbiamo radicalmente modificare le attuali tassazioni sull’impresa, sul lavoro e sulla flessibilità e mobilità prevedendo, anziché mille balzelli per pochi privilegiati dal sindacato, un reddito di cittadinanza minimo che si perde al rifiuto del primo impiego o lavoro socialmente utile.

 

DATI E FONTI

Perché chiediamo una veloce riduzione e in proiezione un dimezzamento delle tasse? Confrontiamo alcuni dati riguardanti la tassazione media sulle imprese:

– livello globale: 24,47%

– paesi OCSE: 25,37%

– Europa (27 paesi): 22,75%, in costante calo dal 2005

– intero continente europeo: 20,6%

– Irlanda: 12,5%

– Cipro: 10%

– Germania (in alcuni Lander): 23%

– Svizzera: 21,7% (in alcuni cantoni è molto più bassa, ed è del 5% sulle holding)

– Inghilterra: 23%

– Grecia: dal 32 al 20% odierno

– USA: 30% ma ci sono stati in cui oscilla fra il 20 e 25%.

Lo stipendio medio in Italia e nel mondo (Barbara Weisz – 26 aprile 2012 PMI.it)

Il salario medio di un single senza figli italiano è pari a 25.160 dollari netti, contro i 27.111 dollari della media Ocse. L’Italia è al 23esimo posto nella classifica dello stipendio medio dei 34 paesi Ocse. Dietro di noi si posizionano la Grecia, intorno ai 17.000 dollari, il Portogallo, intorno a 21.000, e diversi paesi dell’est Europa (alcuni, come Estonia, Ungheria e Repubblica Slovacca sono sotto i 15.000 dollari).  Sopra i 30.000 Svezia, Irlanda, Germania, Finlandia, Danimarca, Austria e Australia. La Spagna è intorno ai 27.000 dollari, la Francia poco sopra i 29.000. Come si vede, l’Italia è fanalino di coda d’Europa. Il paese in cui gli stipendi sono più alti è la Svizzera, dove il netto supera i 43.000 dollari. Sopra quota 35.000 dollari (sempre netti) anche Usa, Gran Bretagna, Norvegia, Olanda, Corea, Lussemburgo e Giappone.

Le tasse sul lavoro (Barbara Weisz – 26 aprile 2012 PMI.it)

Qui, come detto il posizionamento italiano in classifica cambia parecchio: siamo al sesto posto fra i 34 paesi Ocse, con una tassazione media sul lavoro che sfiora il 50% (calcolando tasse e contributi). Per la precisione, il cuneo fiscale italiano è al 47,6%. Il salario lordo medio è pari a 36mila 361 dollari, quindi tasse e contributi si “fagocitano” 10mila dollari l’anno (il netto è di circa 25mila dollari) in busta paga. Il costo complessivo del lavoro, inclusi i contributi sociali pagati dal datore di lavoro, ammonta a 48.025 dollari, al sedicesimo posto nell’Ocse.  Il report Ocse sottolinea dunque che siamo fra i paesi europei con la più alta tassazione sul lavoro. Coloro che risentono maggiormente di questa situazione sono i single, quale che sia il relativo stipendio sono i più tartassati. Un single con alto stipendio, ottiene il 53% in meno rispetto al costo totale del lavoro.

IMPRESE LAVORATORI E TALENTI

I disoccupati nell’area OCSE erano mediamente del 5-6% nei 5 paesi più virtuosi. Con la crisi la media OCSE è dell’8-9%, in Italia del 12% (con una percentuale maggiore fra le donne e soprattutto fra i giovani che arriva al 41%). Nell’OCSE la media della disoccupazione giovanile, fra i 15 e 29 anni fra i 5 migliori paesi è dell’11-12%.

Lo stesso tasso è del 15-16% nella media dei paesi OCSE e del 41% in Italia, un’anomalia incredibile che va corretta velocemente se non vogliamo ritardare ulteriormente la nostra crescita economica. Oltretutto l’indice di diseguaglianza di trattamento fra chi guadagna di più e chi guadagna meno è in Italia fra i più elevati nella media dei paesi OCSE, arrivando a centinaia di volte (qualche volta migliaia di volte) le remunerazioni minime; in Svizzera sono state fissate nella Costituzione a massimo 12 volte!