THE CAMERON WAY – Riceviamo e pubblichiamo da Eugenio Benetazzo

Se ci fermiamo un momento a guardare indietro al fatidico 15 Settembre 2008, il default di Lehman Brothers, e ripercorriamo la strada del baratro che in quell’epoca passata stavano per intraprendere alcune nazioni pesantemente esposte al contagio finanziario che si stava propagando in tutto il mondo per la contiguità con gli USA, ricorderete come il Regno Unito fosse acclarato ad essere la nazione occidentale più a rischio e soprattutto più colpita in Europa. Nei semestri che seguirono alcune grandi banche inglesi che hanno fatto la storia della City e della supremzia nel corso dei decenni di Londra su tutti i mercati finanziari portarono alla ribalta salvataggi eccellenti ad opera del governo britannico di allora, ricordiamo Royal Bank of Scotland (RBS) oppure Loyd TSB, senza dimenticare l’anno prima la storica Northern Rock che fece da apripista al contagio europeo. Lo ricordiamo per chi non lo rammentasse più come RBS, oggi ancora quinta banca al mondo per asset detenuti, ha come azionista di maggioranza assoluta (oltre il 80%) il governo britannico. Nei diciotto mesi che seguirono il Regno Unito vide schiantarsi il proprio PIL di quasi quattro punti percentuali portando l’economia britannica a vivere il peggiore biennio nell’ultimo quarto di secolo, appena dopo la fine della Guerra con l’Argentina per il controllo delle isole Falkland.

Tra il 2008 ed il 2010 il governo inglese era presieduto dal laburista Gordon Brown (naturale successore di Tony Blair), che come altri capi di governo europei in quell’epoca caddero in disgrazia per il riverbero economico della crisi finanziaria che colpì a cascata i rispettivi paesi (Zapatero, Berlusconi, Sarkozy). Ricordo bene quel periodo perchè avevo molti colleghi e conoscenti che vivevano e lavoravano per istituzioni finanziarie nella City, un’epoca in cui per licenziare il personale che lavorava nell’ambiente bancario di prestigio bastava un post-it sulla scrivania che invitava a raccogliere i propri effetti in uno scatolone ed abbandonare l’ufficio per ultimi scortati dal personale di sicurezza. Molti di loro fecero ritorno a casa in Italia o dovettero riciclarsi in altri settori, fu un bagno di sangue finanziario, quello che avevano guadagnato in cinque anni di vacche grasse lo persero nel giro di un trimestre, casa compresa. Alle prime elezioni politiche nel 2010 il Partito dei Tories (Partito Conservatore) ritorna in pista dopo un decennio di assenza dalla guida del Regno con un giovane ed esuberante conservatore quarantenne, David Cameron, già consigliere speciale ed economico di John Major. Per la prima volta dal dopoguerra, il nuovo primo ministro inglese si trova a governare la Gran Bretagna attraverso una coalizione di governo unitamente a Nick Clegg, leader del Partito Liberal Democratico.

Durante il 2015, David Cameron riceve un secondo blessing dall’elettorato britannico alle elezioni generali, che lo riconfermano nuovamente primo ministro inglese il cui consenso è ormai forte tanto quanto quello avuto da Margaret Thatcher grazie ai risultati raggiunti. E quali sono questi risultati e come si sono ottenuti ? Partiamo con il dire che il Regno Unito oggi è il paese che cresce di più in assoluto nel Vecchio Continente: ha chiuso il 2014 con un incremento del 3% e si stima chiuderà a consuntivo il 2015 con un progresso del 3.5 %. La disoccupazione (jobless rate) è scesa addirittura sotto i livelli pre-crisi con un livello inferiore al 6%, il mercato immobiliare si è risollevato ed ha recuperato quasi tutta la perdita subita tra il 2008 ed il 2009, la sterlina si è prepotentemente rafforzata sulla moneta unica passando da 1.1 nel 2010 agli attuali 1.4 ossia una sterlina vale un euro e quaranta centesimi, mentre il rapporto debito pubblico sul PIL è inferiore in percentuale a quello che hanno invece Francia, Germania ed Italia. Non vi è tanto su cui filosofeggiare: David Cameron al momento è il miglior primo ministro occidentale nel continente e dovrebbe essere ascoltato e copiato dagli altri per le sue scelte di governance strategica che si sono dimostrate efficaci e risolutive. Come ha fatto infatti il paese più problematico ed in pericolo a risollevarsi meglio degli altri ed anche più velocemente ? Molti di voi penseranno che il tutto può essere riconducibile banalmente ad una propria politica monetaria, in vero Cameron ha attuato un lodevole programma di risanamento ed abbattimento dei conti pubblici e di ottimizzazione fiscale.

Ha ridimensionato i costi della pubblica amministrazione con i vari dipartimenti ministeriali, questo ha prodotto quasi 500mila esuberi nel pubblico impiego che con non poche proteste iniziali tuttavia sono stati riassorbiti (velocemente) negli anni successivi grazie alla creazione di quasi 1.5 milioni di nuovi posti di lavoro nel settore privato, nel frattempo diventato molto dinamico e frizzante grazie a nuove defiscalizzazioni ed al tax lock (lucchetto fiscale); con questo termine i conservatori hanno promesso alla Gran Bretagna ed anche agli investitori stranieri interessati a delocalizzarsi in Inghilterra che durante il secondo mandato di Cameron non si verificheranno aumenti alla tassazione personale, all’imposta sul valore aggiunto ed alla contribuzione previdenziale. Sempre Cameron ha messo durante il suo primo mandato in stato d’accusa il multiculturalismo, sostenendo che nel lungo termine l’assenza di controlli e meccanismi di selezione alle frontiere potrebbero produrre danni significativi ed irreversibili tanto per la società quanto per l’economia inglese. Durante il suo operato la Gran Bretagna ha rinvingorito il proprio spirito e carattere nazionalista tanto che oggi sappiamo come l’annosa questione del prossimo e certo referendum per uscire dall’Unione Europea (cosidetto rischio di Brexit) oltre alle pretese inglesi di revisione e contestazione di alcuni trattati europei assieme a gran parte dell’assetto e della governance di alcune istituzioni europee potrebbe trasformarsi in un terremoto tanto politico quanto economico con ovvie ripercussione sui mercati finanziari per l’intera comunità degli altri stati continentali.