Un’Italia ancora più povera dopo il caso Electrolux. 10 mila persone, tra dipendenti diretti e indotto, rischiano di perdere il loro lavoro. «La crisi Electrolux – mette in luce Massimo Colomban, imprenditore veneto e  co-fondatore della RETE SI Salviamo l’Italia –produrrà un danno all’Italia di circa 300 milioni all’anno, senza contare la perdita di know-how di un’azienda cresciuta con sacrifici, passione, amore e sudore in quasi un secolo». Electrolux, ma anche gli oltre 500 “gioielli di famiglia” venduti o svenduti negli ultimi anni a compratori esteri, devono spingere il governo a invertire rotta: «Meglio applicare alcune misure, come l’abolizione dell’Irap e il dimezzamento delle tasse sul lavoro, e garantire così la presenza sul nostro territorio di queste imprese, che perderle e trovarci con migliaia di lavoratori che diventano dei “mantenuti” dello Stato».

Colomban punta il dito contro l’immobilismo della politica, che a parole dice, ma a fatti si fa attendere. «I nostri governanti – afferma l’imprenditore veneto che ha fondato la Permasteelisa (12.000 dipendenti fra diretti ed indiretti) – non hanno ancora capito il valore del lavoro e delle imprese: le hanno invece tassate mortalmente con un 68,6% di pressione fiscale, costringendole a chiudere e a espatriare. La prima cosa che un governo intelligente dovrebbe subito fare è abbassare il peso insopportabile delle tasse e dei tributi, e non ridurre la paga agli operai. Se il governo decidesse di tagliare le tasse sull’impresa, anche solo la demenziale Irap, l’Electrolux rimarrebbe in Italia: voglio scommettere e ne sono certo!» afferma Colomban.

La RETE SI ha fatto un calcolo di quale ricaduta economica produrrebbe il licenziamento dei lavoratori Electrolux e quale sarebbe invece il costo per lo Stato se adottasse le misure della RETE SI. 10 mila persone producono, ogni anno, 700 milioni di prodotti (e quindi di maggiore PIL) che vengono messi sul mercato e sui quali lo Stato ricava, solo di IVA, 154 milioni ogni anno. Questi 10 mila dipendenti consumano ogni anno almeno 100 milioni di consumi sui quali lo Stato ricava un’ulteriore IVA pari a 22 milioni. Con il licenziamento di 10 mila persone lo Stato perderebbe 176 milioni di IVA. Lo Stato, inoltre, darebbe almeno ad ogni operaio in CIG o in disoccupazione ulteriori 10.000 euro/anno che, se queste persone lavorassero, non pagherebbe. Si aggiungerebbero così altri 100 milioni, che porterebbero il vero costo per lo Stato a 276 milioni all’anno. Il taglio delle tasse sulle imprese, per farle rimanere in Italia, costerebbe dai 100 ai 150 milioni/anno allo Stato. Il bilancio sarebbe pertanto ancora attivo. «Ma se i ministri Saccomanni e Zanonato non capiscono nemmeno questo – afferma Colomban, uno degli 80 esperti del Think Tank Group della RETE SI -, allora significa che siamo governati da ministri all’economia e allo sviluppo che non conoscono nemmeno i concetti elementari dell’economia».

«È assurdo che lo Stato si concentri a pagare la disoccupazione, anziché creare le condizioni grazie alle quali le imprese assumerebbero i disoccupati, producendo maggior PIL e beni che darebbero maggior IVA allo Stato. Serve una misura forte e chiara, come zero tasse e tributi per 3-5 anni a chi assume disoccupati, prevedendo nella legge in caso di riduzione del personale la dismissione dall’ultimo assunto» afferma Colomban.

Secondo i dati ISTAT (novembre 2013) gli italiani che cercano lavoro sono 6 milioni. «Se creiamo le condizioni perché questi trovino il lavoro, calcolando anche di occuparne la metà, e cioè 3 milioni in 5 anni, avremmo un maggiore PIL di 210 mld/anno (ogni lavoratore in attività infatti produce 70.000 euro di PIL annuale) e quindi maggiori entrate per lo Stato di circa 40 mld/anno. Il maggior PIL prodotto eleverebbe il PIL nazionale a 1.800 mld, facendo così scendere il rapporto deficit/PIL ed il rapporto spesa pubblica/PIL. Oltretutto lo Stato risparmierebbe per ogni milione di occupati in più, al lavoro, ulteriori 7,2 mld/anno di indennità di disoccupazione, calcolando anche solo approssimativamente un’indennità media di 600 euro/mese» evidenzia la RETE SI che oggi rappresenta oltre 1,5 milioni di imprese con 6 milioni di lavoratori.

 

Per questo la RETE SI, attiva su tutto il territorio nazionale, ha lanciato il documento “Scacco alla crisi in 3 mosse” vedi: «Preghiamo il governo, dando un primo segno di intelligenza, di leggerle e possibilmente di applicarle! Solo così ci potremmo salvare» l’appello della RETE SI. Il documento “Scacco alla crisi” è stato redatto da più di cinquecento imprenditori esperti, con la Carta di CastelBrando, fra i quali diversi hanno esperienze di successo nel risanamento di aziende private e pubbliche.