Una nuova prospettiva per il recupero dell’Iva sui mancati pagamenti, è rintracciabile negli insegnamenti di una recente sentenza della Corte di Giustizia europea (Causa C-337/13), che avvalla una soluzione recentemente proposta da Apindustria Confimi Vicenza.

Una prima conclusione dei Giudici europei riguarda la risoluzione di un contratto determinata dall’insolvenza del cliente: se ciò avviene, come nel caso di annullamento o recesso, il fornitore ha la possibilità di far valere dinanzi a giudice il diritto di poter recuperare l’Iva versata. Ma se questa disciplina è già stata recepita dall’Italia, la vera e propria novità arriva dalla possibilità di ridurre la base imponibile, e conseguentemente di recuperare l’Iva, anche nelle ipotesi di mancato pagamento del corrispettivo in casi diversi dalla risoluzione, annullamento o recesso. Si tratterebbe di un’estensione delle norme italiane che attualmente ammettono il recupero solo nel caso di esito negativo di procedure esecutive o concorsuali infruttuose.

«Le procedure che oggi consentono il recupero dell’Iva solo nel caso di procedure esecutive o concorsuali sono eccessivamente lunghe e difficoltose – sostiene il presidente di Apindustria Confimi Vicenza, Flavio Lorenzin – tanto da mettere in notevole crisi finanziaria le nostre imprese, che continuano a morire non per i debiti ma per i crediti non riscossi. È per questo che la nostra associazione, da sempre in prima linea sul tema dei ritardati pagamenti, ha elaborato una soluzione “innovativa” che potrebbe contribuire a rimettere in moto il virtuosismo nei pagamenti estendendo la possibilità di recupero dell’Iva in tutti i casi di mancato rispetto dei termini di pagamento, anche bel oltre i casi limite».

L’idea citata da Lorenzin, presentata lo scorso aprile al Tavolo delle semplificazioni dell’Agenzia delle entrate, vede il possibile coinvolgimento dell’amministrazione finanziaria nella procedura di variazione Iva. All’Agenzia verrebbe inoltrata telematicamente la nota di accredito per fare da garante anti abuso, fornendo un utile servizio al creditore. La procedura attivabile facoltativamente dal fornitore/creditore fungerebbe, infatti, da deterrente per il rispetto dei termini di pagamento poiché in caso contrario  l’azienda cliente morosa si troverebbe a dover riversare all’Erario quanto già detratto con la possibilità di subire controlli mirati da parte dei verificatori.

Ora il meccanismo, anche se indirettamente, risulta avvallato dai giudici europei laddove precisano come la direttiva fornisca agli Stati margini di discrezionalità nell’individuare le modalità da fissare per consentire, in tal casi, la riduzione della base imponibile.

«Questa soluzione ci riporterebbe al virtuosismo di 40 anni fa, quando è nata l’Iva, e  il pagamento vista fattura dell’imposta era la regola universalmente praticata – conclude Lorenzin – fermo restando che la soluzione principe contro la piaga dei ritardi nei pagamenti, soprattutto per evitare gli abusi di forza contrattale che generalmente vengono subiti dalle Pmi, non può che derivare dalla sottrazione dei termini di pagamento alla libera contrattazione delle parti, come hanno fatto altri Paesi europei». Al legislatore italiano, quindi, non resta che agire per confermare quanto di buono arriva dall’Europa.

Fonte: Apindustria Confimi Vicenza